Ue: i settori “blu” vitali per la ripresa e per il Green Deal europeo

Bruxelles. La ha pubblicato la “relazione 2020 sull’economia blu dell’Ue”, in cui fornisce una panoramica dei risultati dei settori economici dell’Unione europea connessi agli oceani e all’ambiente costiero. Con un fatturato di 750 miliardi di € nel 2018, l’economia blu dell’Ue non conosce regressioni. Nel 2018 il numero di in questo settore è aumentato addirittura dell’11,6 % rispetto all’anno precedente, raggiungendo i cinque milioni di occupati.

Durante questi ultimi tre mesi, l’industria marittima ha subito gravi ripercussioni dovuti  alla pandemia di coronavirus, soprattutto nei comparti del turismo costiero e marino, della pesca e dell’acquicoltura.  In ambienti specifici si parla di “ripesa verde”, riconoscendo all’economia blu le potenzialità per dare un contributo significativo alla ripresa economica in senso ecologico: “non tutto verde” in senso stretto, ma una transizione sostenibile per giungere ai livelli occupazionali come quelli del 2018.

L’ambiente marino, che di norma associamo ad attività tradizionali quali la pesca o i trasporti, dà vita in realtà ad un numero crescente di settori emergenti e innovativi, tra cui l’energia marina rinnovabile. L’Ue, grazie alle tecnologie energetiche oceaniche messe in atto, si avvia a produrre fino al 35% della sua energia elettrica da fonti entro il 2050.  La relazione 2020 pubblicata si caratterizza dalle precedenti per la prima volta poiché affronta nei dettagli la dimensione ambientale dell’economia blu, secondo una precisa strategia.

Con una riduzione del 29% di CO2 per un valore aggiunto lordo tra il 2009 e il 2017, la crescita della pesca e dell’acquacoltura è nettamente separata dalla produzione di gas a effetto serra. La relazione, inoltre, sottolinea la correlazione tra una pesca sostenibile e risultati economici positivi, quasi a dimostrare che si può declinare ambiente e . Il settore del trasporto marittimo ha già messo in atto per il 2020 le direttive dell’Organizzazione Marittima (IMO) nel realizzare il processo di ecosostenibilità e per questo è stato introdotto il limite massimo di zolfo e l’uso di fonti energetiche a minor intensità di CO2.

Sul fronte delle – si parla di una rete di – si sta riducendo l’impronta ecologica tra le zone di separazione oceaniche e la terraferma; tale strategia evidenzia il valore economico di diversi servizi eco sistemici forniti dall’oceano, tra cui l’habitat per la vita marina, la cattura dellaCO2 e i processi che influenzano e la biodiversità. Con cinque milioni di occupati nel 2018, il numero dei posti di lavoro nell’economia blu dell’Ue è aumentato dell’11,6 % rispetto all’anno precedente.

I settori trainanti sono stati il turismo costiero e il comparto dell’energia eolica offshore.  In questo modo si è superata la crisi economica e finanziaria del 2008; mentre l’attuale crisi, dovuta al coronavirus, ha un impatto su tutti i settori economici, inclusa l’economia blu. Si spera che le misure adottate dalla Commissione Ue siano adeguate ed efficaci per superare questa particolare e unica crisi e proteggere l’economia dei vari Stati membri. L’economia blu va sostenuta attraverso vari strumenti finanziari e che non vadano a configgere con i tantissimi regolamenti nazionali, come accade in Italia, affogata da una “burocrazia” persistente.

Il Fondo europeo per gli strategici ha deliberato oltre 1,4 miliardi di euro in progetti riguardanti l’energia eolica offshore e ha offerto un forte sostegno ad altri comparti dell’economia blu, tra cui lo sviluppo dei porti e il trasporto marittimo green. Alla Commissione va detto che occorre fare il possibile per ridurre l’impatto di questa crisi e presto, proteggendo i posti di lavoro nell’economia blu e il benessere delle nostre comunità costiere, senza rinunciare all’ambizione ambientale. La ricerca e l’innovazione dovranno essere i pilastri fondamentali e nessuno Stato dovrà essere lasciato indietro: ricerca, innovazione e istruzione contribuiscono alla transizione verso un’economia blu europea.